Quando la mia amica Lilli leggeva Espiazione, il capolavoro di Ian McEwan, piangeva sempre. “Non è straziante?” mi diceva al telefono.

Una scena dal film Atonement (Espiazione)

“Un capolavoro non deve essere straziante. Piango già con la pubblicità della pasta Barilla e quando Federica Sciarelli ritrova uno scomparso. Se un libro ti fa piangere, non è buono”.

Così rispondevo dall’alto della mia saggezza.

Il successo letterario e cinematografico di Espiazione non può che spiegarsi con il fatto che, tanto per citare Vasco, in fondo sai la gente cosa vuole, Natale con la neve.

In altri termini: vogliamo emozioni facili, ma non vogliamo vedere Beautiful. Ecco, è che Espiazione mi è sempre sembrato un po’ telenovela.

Il Podio

Eppure ci sono tre libri quasi sconosciuti del grande scrittore britannico che, in bilico tra Eros e morte, ci mettono davanti alla bellezza e all’orrore di vivere, senza scadere nell’effetto polpettone.

Come dire, so British.

BRONZO. Cortesie per gli ospiti

Seduzione e dominio nel labirinto della perversione. L’incontro sbagliato di Mary e Colin con un uomo di nome Robert e sua moglie Caroline. Un affascinante noir che non potrà lasciarvi indifferenti.

ARGENTO. Guscio di noce

Un feto geniale assiste all’omicidio del padre, architettato dalla madre e dall’amante. Intrappolato nel ventre dell’assassina, commenta con ironia e impotenza la tragedia. Non adatto a donne in gravidanza, e io per l’appunto l’ho letto quando ero incinta.

ORO. Il giardino di cemento

Quattro fratelli nascondono in cantina il cadavere della madre. Una prima opera macabra e delicata, che affronta i temi della perdita dell’innocenza e della disintegrazione familiare. Privo delle arie, della tecnica e della noia dello scrittore consumato che diventerà dopo, McEwan firma uno dei suoi romanzi più belli.

Postilla critica. McEwan contro McEwan

Ho letto molti altri bei romanzi di McEwan. Cani neri, Bambini nel tempo e Chesil Beach, solo per citarne alcuni.

Ma ho come l’impressione che dopo il successo di massa, nel tentativo di raggiungere un pubblico più vasto, McEwan stesso abbia gravemente danneggiato la sua produzione.

Con rammarico occorre riconoscere che romanzi come Amsterdam sono non solo trapuntati di stereotipi ma anche soporiferi.

Sono libri che sembrano usciti dall’algoritmo dell’Intelligenza Artificiale più che dalla penna di uno scrittore raffinato. Non che lo siano davvero, per carità. Ma ne hanno il sapore.

Più di una volta con McEwan mi sono dovuta avvalere di uno di quelli che Pennac elenca tra i diritti del lettore, ovvero il diritto di non finire un libro.

Aspettiamo con ansia il suo risveglio, supplicandolo: Ian, ricomincia a scrivere per noi.

Buona lettura dalla vostra Viola!

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