
Sanremo prima della maturità.
Certo sarà capitato anche a voi, un amico vi telefona e vi invita a vedere la finalissima di Sanremo a casa sua. Un invito universale, che attraversa i tempi e le generazioni, e che rimbalzerà per sempre su qualcuno che si rifiuta. No way, baby. Sanremo proprio no.
I miei compagni di classe per cinque lunghi anni si sono riuniti a casa del più secchione della scuola che, manco a dirlo, era un fan di Sanremo. E io ho sempre detto No way. Anzi, Non esiste, come si diceva dalle mie parti negli anni Novanta. Viola perchè non vieni? Ho da fare, devo leggere Guerra e Pace.
Alla fine non mi hanno invitato più. Per settimane rimanevo esclusa da tutti i discorsi e ve lo dico, rosicavo.
Sanremo dopo la maturità.
Così, quando una decina di anni dopo ricevetti l’invito della mia amica Lilli, appassionata di libri e vernissage, a vedere la finalissima di Sanremo rimasi piuttosto sorpresa. Mi ero liberata dei miei compagni di classe e mi ero infilata in un gruppo di giovani intellettuali, davvero mi toccava di nuovo rifiutare l’invito alla finalissima di Sanremo?
Viola vieni. Faccio la parmigiana.
E siccome la fama della parmigiana di Lilli la precedeva nei secoli, mi sentii con le spalle al muro. Peraltro a me le melanzane non piacciono. Ma non volevo essere la guastafeste, la snob, l’intellettuale radical chic con gli occhiali a forma di John Lennon. Così accettai.
Del resto in quel momento Lilli rappresentava il fior fiore della gioventù intellettuale cittadina. Scriveva sulle riviste e partecipava agli eventi, andava e tornava da Parigi, mi apriva nuovi mondi. Le abilità di cuoca della tradizione erano un’eredità di sua nonna che solo per caso avevano trovato posto in un animo raffinato, incontrando peraltro i gusti del nostro circoletto.
Se Sanremo piace a Lilli, pensai, il problema allora sono io.
Arrivato il momento, ci sedemmo in cerchio davanti a una televisione di pochi, troppo pochi pollici. Modello tubo catodico. Sentivo già fioccare il malumore tra i denti degli astanti, tenuto a bada solo dal profumo di melanzana fritta che si spandeva per due isolati.
Assistevo perplessa all’apoteosi del trash, canzoni repellenti tra amori disperati e promesse tradite, che per fortuna sarebbero cadute nell’oblìo del futuro, come certa fama passeggera e modaiola, presto amata e presto dimenticata.
Guardavo perplessa Lilli. Ma che diavolo sta pensando? Fino a quando, come una bambina che ha vissuto una storia diversa da quella che stanno vivendo gli altri, si girò verso gli ospiti e disse: ma voi preferite Tolstoj o Dostoevskij?
Grazie Lilli, non te ne fregava un cazzo nemmeno a te della finalissima di Sanremo. A proposito, la parmigiana era TOP.
E adesso? Chevvelodicoaffare. Con Marito e Gioggiò ho perso il controllo del telecomando.
Buona finale di Sanremo da Viola Maris.
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